Western Electric o il Sacro Gral audiofilo

C’è chi venderebbe mamma e suocera (quest’ultima anche per molto meno) per poter mettere mani e orecchie su qualche pezzo Western Electric. Altri guardano a questa WE mania, per lo più quelli che non li hanno mai ascoltati,  come a una patetica, nostalgica e un po’ fricchettona posa di qualche audiofilo che avendo avuto tutto il desiderabile, ormai annoiato e disincantato, guarda al passato non potendo più provare emozioni con quanto offre il presente.

alcuni pezzi della collezione Silbatone

Sta di fatto che gli orientali e in primis Giapponesi (eh, sì, sempre loro) e Coreani, ma anche europei sciovinisti come i francesi o i tedeschi sono spesso disposti a fare pazzie per poter avere qualche pezzo, driver, tromba, crossover, woofer… con quel magico ed evocativo logo WE, con l’ovvia conseguenza che in un mercato di pochi pezzi ormai non più in produzione da anni, questi hanno raggiunto quotazioni stellari.

Non da ultimo ci si è messo da qualche anno anche Silbatone (fatevi un giro in rete se ancora non lo conoscete) il più grande collezionista (Coreano, ovviamente) a propagandare alla più importante manifestazione europea di HIFi, quella di Monaco, i mitici prodotti Western. Si racconta  che  qualche anno fa espose  a Monaco la Western Electric 16a, una tromba mono in metallo dal considerevole ingombro e che in quell’occasione  rifiutò l’offerta di 100 000 € da parte di un visitatore che voleva portarsela a casa a tutti i costi.

Qualche driver della collezione Silbatone

Ora, tutto questo preambolo per dire che ho messo le mani anch’io su un pezzo Western (senza neppure sacrificare la suocera) e che mi sono tolto la curiosità di verificare di persona se effettivamente si tratti di oggetti così unici e degni di interesse fuori dall’ambito puramente collezionistico.  Siamo davvero dinanzi  a qualcosa che si potrebbe paragonare a uno Stradivari o un Amati? Vale a dire a qualcosa che neppure le moderne tecnologie e conoscenze tecniche riescono a eguagliare? Sì, perché il tema è proprio questo: come è possibile che oggetti concepiti agli albori della riproduzione audio (per intenderci parliamo di anni Venti-Trenta-Quaranta) siano da molti ritenuti così ben suonanti al punto che anche i più recenti tentativi di copiarli (si pensi per esempio al mitico driver Western 555, il capostipite di tutti i driver, concepito del 1928, che ben più di un’azienda ha cercato ai nostri giorni di replicare) risulti ancora inarrivabile e ancora ben distante da ogni copia moderna?

(segue)